Ritorna Pop News di Marco Biondi

Il nuovo progetto di Marco Biondi ma con radici nel passato: Pop News Tv

 

Quarant’anni di carriera radiofonica non sono pochi. In quarant’anni (radiofonicamente scrivendo) sono accadute diverse cose, belle o brutte, molte delle quali vissute in prima voce da Marco Biondi. Dagli esordi nazionali su Radio Deejay (attraversando l’etere per Radio 105) alla direzione dei programmi della nascente Virgin Radio, passando dalla pluriennale collaborazione con Radio Italia Network fino alla recente riapparizione di Pop News Tv, un progetto vincente tra radio e televisione. Ma non chiamatela radiovisione.

A Pop News Tv sembra che tu faccia la radio nel piccolo schermo

Il format nasce proprio come programma radiofonico quando ero a Radio Deejay. Parla di informazione musicale ma non abbiamo il tempo di mettere musica tranne per veloci frame; però è come fare la radio. È come se fosse un Tg di informazione musicale. Parliamo di musica e lo vogliamo fare come se fossimo in radio.

Ma i conduttori radiofonici devono conoscere la musica o no?

Nel momento in cui fai radio devi sapere cosa stai mettendo, è fondamentale. Su tante radio si capisce che i conduttori non sanno quello che sta passando, ma non credo che sia colpa loro. Diversi editori non vogliono che si parli di musica, si ritiene che la musica sia di nicchia. Probabilmente alcuni conduttori vorrebbero parlarne ma si trovano in forte imbarazzo. Ci sono delle proibizioni. Sai cosa mi dà fastidio? Quando sento alcuni che dicono “adesso facciamo una pausa”… ma il disco non è una pausa.

Claudio Cecchetto ti ha definito “speaker giornalista”

“Deejay giornalista”… aveva inventato questa figura perché aveva capito quali fossero le mie caratteristiche. Mi aveva definito così con ironia.

Quindi i conduttori di oggi devono sapere anche informare?

Il problema è sempre chi ti dice cosa devi fare. Gli speaker sono come i calciatori di una squadra, fanno quello che dice di fare l’allenatore. A meno che tu non sia Marco Galli o Giuseppe Cruciani.

Però si parla molto di intrattenimento, tanto è vero che non si capisce se lo speaker debba essere speaker e basta o intrattenitore

Una cosa non esclude l’altra. Se ascoltate Marco (ndr. Marco Galli) al mattino su 105 con “Tutto esaurito”, saprete che lui parla per molto tempo, intrattiene, nel fare il cazzone informa, butta lì la notizia del giorno, ti fa ragionare su cose importanti. Non devi essere il giornalista palloso che per ore. Ma se il giornalista è Alessandro Milan e mi parla per mezz’ora di fatti che sa raccontare allora lo ascolto un giorno intero. Dipende da chi dice cosa.

Tornando alla radio-tv, con la radiovisione è cambiato qualcosa?

La radiovisione è un’operazione di marketing, significa essere presenti con un marchio in locali pubblici. Di quello che dicono gli speaker non gliene frega niente a nessuno.

Ma Pop News tv ha qualcosa della radiovisione

È un format televisivo. È stato studiato con una durata paracula ma molto efficace: ci sono quattro minuti di informazione musicale, quattro minuti in cui parliamo di musica che tu conosci. Ci rivolgiamo a un pubblico preparato sul web, mentre chi ci guarda sui 30 canali della Tv non è informato su tutto, magari non ha il tempo di informarsi come fanno i giovani o gli addetti al settore. In Tv e sul web ci rivolgiamo a pubblici diversi. Non è radiovisione nel momento in cui non mettiamo musica e marchi.

La radio è cambiata, okay, ma i giovani aspiranti conduttori radiofonici possono ambire a diventarlo, per esempio, iscrivendosi alle Accademie?

Le Accademie sono molto utili per coloro che vogliono approcciarsi alla radio ma non conoscono l’Abc. Poi bisogna saper scegliere, ci sono accademie migliori e altre meno. Le accademie televisive invece funzionano come la radiovisione, mettono il marchio.

Meglio fare lo speaker o il direttore musicale?

Lo speaker! (ndr. ride). Ho sempre amato il lavoro dietro le quinte, non mi piace fare il protagonista, però se fai questo lavoro un po’ devi esserlo. Mi piace farlo nel modo giusto. Tornerei a lavorare dietro le quinte ma con una cosa strutturata, non una disorganizzata.

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