La radio in tv: pro e contro di un binomio possibile

La radio è arrivata in televisione già da qualche tempo, ma come cambia l’approccio al mezzo di comunicazione con questa nuova esigenza? Le perplessità possono diventare certezze grazie alla fluidità di relazione fra l’uno e l’altro media.

La radio in televisione: sembrava un’utopia, invece sta diventando una consuetudine. Questo perché, come era solito dire Mcluhan, la comunicazione è sempre più fluida: l’assunto ci ha guidato per anni e attualmente viaggiamo con la consapevolezza di poterci aspettare qualunque cosa. Persino che due media confluiscano attraverso i propri punti di contatto: quella fra radio e tv, però, non è un’ibridazione ma un’esigenza dettata dal segno dei tempi. Tutti sono in vetrina, grazie all’utilizzo di diversi mezzi di comunicazione: c’è l’esigenza di mostrare, prima ancora di apparire. Ribalta e retroscena vanno a braccetto, ma solo con l’intento di offrire sempre qualcosa di nuovo a un pubblico sempre più esigente. La radio in televisione è possibile: il piccolo schermo apre le porte a realtà consuete per chi la radio la fa e, invece, offre una lente d’ingrandimento a chi la radio l’ha sempre ascoltata e basta.

Dal punto di vista tecnico, però, ci sono un paio di aspetti (d’accordo forse qualcuno in più) da tener presenti: la radio ha sempre ritrovato la propria forza nell’assenza di immagini. O meglio, le immagini le faceva “visualizzare” idealmente lo speaker attraverso parole, racconti e aneddoti portandoci in una dimensione particolare e diversa ogni volta che iniziava un talk. Grazie all’approdo in tivù, le immagini aiutano il conduttore: ci portano nello studio e sono in grado di mostrarci anche, per l’appunto, i retroscena prima della ribalta. È stata così abbattuta la “quarta parete”: il pubblico, da casa e in studio (quando è possibile), diventa un valore aggiunto da trattare con cura.

La radio in televisione: avanguardia al servizio della tecnica

Questo livellamento fra parole e immagini, tuttavia, non garantisce sempre la resa sperata: vale a dire che uno speaker non può – e non deve – comportarsi come un conduttore televisivo malgrado vada (anche in tivù). Un conduttore radiofonico che si rispetti deve concepire le riprese televisive al pari di una bolla in cui è racchiuso che, però, non è una coperta di Linus che gli consente di dare certe cose per scontate. Il linguaggio, infatti, è l’approccio deve essere sempre e comunque come se trasmettesse ancora e solo in stereo.

La radio arriva in tivù, ma resta anche nelle casse: significa che ancora non c’è stata – e non è detto che ci sarà – la traslazione integrale di alcune trasmissioni radiofoniche nel piccolo schermo, nonostante molti editori (almeno nel passato recente) siano immersi nel panorama televisivo. Questo stallo fa sì che il conduttore possa certamente avere il valore aggiunto di andare in video, ma deve tener conto anche – forse soprattutto – di coloro che lo ascoltano ancora alla “vecchia maniera”. Ormai, sia in tivù che altrove, cambiare canale è diventato semplicissimo e immediato: bisogna, quindi, inventarsi qualcosa per tenere alta l’asticella dell’attenzione. Occorre, quindi, essere pronti a padroneggiare tanto il palco quanto l’etere: non a caso, infatti, molti conduttori televisivi passano in radio, mentre prima – anni non eccessivamente lontani – avveniva solo il contrario.

Come cambia il linguaggio e la gestione dello spazio nell’etere televisivo: l’altra faccia dei servizi alle radio

È necessario ricalibrare la gestione del tempo, con i clock e le scalette, e rimodulare l’approccio sapendo di poter contare su tanti ausili ma anche qualche trabocchetto: la televisione, infatti, consente di dare molte cose per scontate perché – in aggiunta al linguaggio vocale – abbiamo il linguaggio del corpo che parla per noi. In radio, purtroppo e per fortuna, di scontato non c’è nulla: il mantra resta quello di stare sempre un passo avanti a chi ascolta, restituendo una suggestione, una sensazione, un brivido e una lacrima passando per qualche risata, sempre attraverso la dialettica. Chi ha la possibilità, l’onere e l’onore di fare la radio in televisione deve comportarsi come un equilibrista che cammina su un sottile filo che segna il confine fra estro, capacità e occasione stando attento a non perdere nessuno di questi tre fattori che poi sono gli stessi in grado di coinvolgere il pubblico, ma possono diventare alleati o nemici in breve tempo.

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Articolo a cura di Andrea Desideri

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