Nel corso degli anni il ruolo dello speaker radiofonico ha subìto enormi sviluppi, tanto da diventare in alcuni casi una figura ibrida capace di dire la propria su questioni tipicamente esterne al suo lavoro, come la scaletta musicale. Questa rottura degli argini ha comunque provocato delle evoluzioni interessanti, ma non sempre positive: ad esempio, il conduttore non dovrebbe avere troppe capacità decisionali su quali canzoni irradiare durante il programma e quali meno, ma dovrebbe essere una responsabilità deputata ad altre professionalità.
Da qui capiamo bene che lo speaker è riuscito a conquistare il diritto di parola in contesti dove prima la sua opinione era marginale – e qualche volta va a beneficio della radio. Ciò ha influenzato anche il modo in cui la voce di un’emittente lavora durante la diretta, come nel caso della regia radiofonica, che in rari contesti passa totalmente sotto le mani del conduttore. In questo caso, siamo di fronte a un’evoluzione da valorizzare oppure bisogna pensarci due volte prima di diventare autoregisti?
Speaker radiofonico: che cos’è l’autoregia?
Generalmente, una conduzione radiofonica è caratterizzata da 2 elementi chiave: lo speaker radiofonico e il fonico (o regista). Il primo è il biglietto da visita dell’emittente, la sua voce, colui che intrattiene il pubblico e diventa immagine sonora dell’azienda, mentre il secondo è il capo della trasmissione, il direttore d’orchestra che detta i tempi al conduttore e prende tutte le decisioni finali su come far andare avanti la diretta. Attenzione, però: ciò non significa che il tecnico del suono sia l’unico ad avere l’ultima parola sulle scelte del programma, bensì ci deve essere un continuo scambio di informazioni con lo speaker al fine di realizzare una diretta stimolante.
A ogni modo, quando parliamo di autoregia, dobbiamo avere in mente una professionalità ibrida che tenga conto delle caratteristiche peculiari fin qui evidenziate: la voce e la gestione dei tempi della trasmissione. Il tutto, poi, ruota attorno a uno strumento: il mixer. Può capitare che sia lo speaker ad avvicinarsi alla consolle oppure che un fonico sia attratto anche dalla potenza del microfono. In ogni caso, comunque, il mixer diventa la chiave per la realizzazione dell’autoregia. Ma si tratta di una scelta con dei pro e dei contro.
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Perché lo speaker radiofonico dovrebbe optare per l’autoregia
La decisione di essere registi di se stessi è sicuramente interessante sotto vari punti di vista, e apre degli scenari abbastanza intriganti per la trasmissione radiofonica in sé. Dunque, quali sono gli aspetti positivi per un’azienda che consente l’autoregia? Eccone alcuni:
- Lo speaker radiofonico ha il controllo totale sui tempi del programma, è il capo di se stesso;
- Può gestire contemporaneamente più azioni e controllare in tempo reale che il clock venga rispettato;
- Ha la facoltà di cambiare le canzoni da irradiare in diretta;
- Decide quale tipo di tappeto musicale utilizzare e se cambiarlo in corso d’opera;
- L’azienda acquista 2 figure professionali in una.
Ovviamente questi sono benefici generali, in quanto vale sempre la solita regola: non tutte le radio rispondono alle stesse strategie. Di fatto, l’autoregia nelle radio nazionali è abbastanza inusuale, in quanto gli investimenti sono tali da potersi permettere più figure per uno stesso programma. Di contro, è più consueto trovare uno speaker radiofonico fare autoregia all’interno delle web radio, in quanto possono ricoprire il ruolo di palestre per professionisti in erba.
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Quando evitare l’autoregia
Come sempre, oltre ai pro, esistono anche i contro in una strategia. Nel caso dell’autoregia, i motivi per i quali non applicarla sono diversi:
- Fare più cose contemporaneamente durante una diretta può causare disattenzione, tanto da compiere errori grossolani che potrebbero far scappare gli ascoltatori;
- Contare sulle proprie forze è utile, tuttavia avere un fonico che gestisce la parte audio risulta utile per concentrarsi unicamente su cosa dire durante la diretta;
- Avere un collaboratore con cui lavorare permette di effettuare continui e brevi brainstorming durante la diretta, che possono sfociare in idee brillanti;
- Una figura ibrida è sicuramente utile, sebbene la verticalizzazione delle competenze permetta una gestione più serena della diretta;
- Avere una figura esterna che detta i tempi permette alla voce dell’emittente di non strafare e non farsi abbandonare dal piacere di voler parlare per tanto tempo e a tutti i costi.
Insomma, l’autoregia è sicuramente una scelta grintosa e semplice, anche se vale la pena rammentare che far gestire tutto a un’unica persona può risultare deleterio. Come sempre, dipende da caso a caso, da azienda ad azienda, da radio a radio, da speaker a speaker. Sicuramente, provare non fa male: in base ai risultati ottenuti, prendete la vostra decisione.
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