Radiocom.tv, la web radio dedicata agli italiani all’estero

Con i nuovi dispositivi che la tecnologia ci offre al giorno d’oggi possiamo ascoltare la nostra radio preferita in ogni parte del mondo. Se ad ascoltare la radio è una schiera di persone che vivono in Paesi diversi, ma provengono tutte dalla stessa nazione, magari proprio l’Italia, può essere interessante approfondire l’argomento. La domanda che potremmo porci è: che cos’è l’italianità? Può il mezzo radiofonico contribuire a definire un folto gruppo di persone diverse che hanno origini comuni? E che radio ascoltano gli italiani che vivono all’estero? Radiocom.tv è l’unica webradio/tv che si rivolge in audio e video a un pubblico di lingua italiana e italofilo, e a tutti gli Italiani nel mondo, a prescindere dai Paesi ospiti. Filippo Giuffrida, editore e ospite di questa nuova intervista per Consulenza Radiofonica, ci racconta come funziona la sua web radio e come la radio riesca ad unire migliaia di persone sparse per il mondo, ma accomunate dalle stesse radici.

Come sei approdato nel mondo della radio?

filippo giuffrida editore di radiocom.tvHo cominciato come tanti in una piccola radio privata di Savona, poi i primi passi con network nazionali e l’amore per il giornalismo. Sono diventato giornalista professionista e ho lavorato per un’agenzia stampa inglese, poi per agenzie italiane e ho festeggiato i miei primi 44 anni di radio. È un amore che non si ferma mai, è un bellissimo virus.

Come nasce radiocom.tv e con quale scopo hai deciso di crearla?

Radiocom.tv nasce in piena pandemia da un progetto con il Ministero degli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale. Nel 2019 abbiamo mutato quello che era un progetto in fm che doveva portare sul Belgio una radio italiana. Poi è arrivato il lockdown, e i problemi di informazione nei confronti degli italiani che vivevano all’estero ci hanno spinto a modificare le cose in corsa ed è diventato un progetto di web radio. Oggi radiocom.tv è la prima radio che trasmette h24, 7 giorni su 7, fatta da italiani all’esterno per gli italiani all’estero. E non solo, perché noi nasciamo con la sede principale a Bruxelles, ma c’è uno studio anche a Roma e a Palermo. In più stiamo aprendo un nuovo studio in collaborazione con l’Università di Genova per creare un ponte tra gli italiani fuori e quelli in Italia, per raccontare di noi, delle eccellenze italiane, del made in Italy e dei nostri connazionali che vivono in altri Paesi. 

Gli italiani all’estero sono una categoria molto ampia, se pensiamo a fasce d’età diverse, gusti diversi, abitudini diverse. Su cosa hai deciso di puntare quando hai definito il palinsesto?

italiani all'esteroSi punta proprio sulla diversità delle varie realtà. Sfatiamo il luogo comune del “pizza e mandolino”. Si tratta innanzitutto di una varietà storica, perché le migrazioni cominciano nell’Ottocento e poi si stratificano fino ai giorni nostri. I dati riportano ancora centinaia di migliaia di italiani che lasciano il Paese in questi ultimi anni. Una grande migrazione fatta di persone con gusti diversi. Per quanto riguarda la musica, la programmazione di radiocom.tv va dai Van Halen a Toto Cutugno, da Elio e le storie Tese a Fedez, passando per tutto lo scibile musicale.

L’informazione passa in primis sotto la classica forma dei notiziari. La nostra produzione esclusiva si chiama ItaCom, ed è il notiziario per gli italiani all’estero. Poi c’è EuroCom, il notiziario sull’Unione Europea che realizziamo in collaborazione con 9colonne, inoltre abbiamo un altro notiziario che tratta ciò che succede in Italia, con due edizioni quotidiane. A seguire puntiamo molto sull’infotainment, raccontiamo notizie ed esperienze di italiani in Italia e dei successi e degli insuccessi dell’andare all’estero. Possiamo avvalerci di grandi collaborazioni come quella con la Federazione Italiani Cuochi che è stato uno dei primi partner a raccontare la cultura italiana attraverso l’enogastronomia. E poi ancora Arci, Anpi, tante collaborazioni con altre realtà e altre radio attraverso cui parliamo di noi da italiani all’estero, raccontando le nostre vite. 

La radio a Bruxelles è considerata un media al pari degli altri o gode di una considerazione diversa?

atomium di bruxellesÈ uno degli strumenti di informazione, la web radio poi ha una realtà particolare. Oggi con le app, smart tv, tablet gli ascoltatori ci seguono ovunque, abbiamo tanti ascolti dall’autoradio quindi magari mentre si va a lavorare o si è in coda nel traffico. La radio è uno strumento molto importante anche in questa realtà belga. Tieni conto che una delle cose che forse caratterizza di più radiocom.tv rispetto agli altri media italiani all’estero è proprio il fatto di non avere una dimensione territoriale definita. Molti dei nostri colleghi si rivolgono al pubblico di Liegi, di Toronto, San Paolo del Brasile, Colonia o Lione tanto per citare alcune web-radio con cui lavoriamo. La nostra ambizione, ed è per questo che il progetto nasce con il Ministero degli Esteri, è quella di parlare a tutti gli italiani all’estero quindi con una programmazione che tiene conto delle differenti fasce orarie. La notte ripetiamo alcuni elementi della giornata, proprio per consentire a chi sta dall’altra parte del mondo di seguire.

Abbiamo una serie di collaborazioni con radio e tv italiane che si trovano dall’altra parte del mondo per raccogliere le differenti sensibilità. La radio resta uno strumento veloce a cui abbiamo affiancato le immagini, e poi abbiamo anche la tv. Facciamo radio con le telecamere, non televisione con la radio. Non mandiamo cioè video musicali, non abbiamo intenzione di accompagnare le immagini con la musica. Lo strumento del video è uno strumento di diffusione, realizziamo molte interviste e reportage in audio e in video per portare anche l’elemento della percezione visiva ai nostri tele-radio ascoltatori. 

Tra gli ascoltatori ci sono anche stranieri che approcciano alla cultura italiana attraverso la radio?

Assolutamente sì, ed è sempre una piacevole sorpresa. Guardando i dati ci siamo accorti che c’è stata un’impennata di ascolti in Giappone, dove l’italiano è una delle lingue estere più studiate proprio per avvicinarsi alla nostra musica, alla cultura e al bel canto. Da un paio di mesi abbiamo migliaia di ascolti dal Giappone che non rappresentano solo la comunità italiana ma italofona, quindi qualcuno che si avvicina all’italiano, e da qui la scelta di fare le trasmissioni solo in italiano.

C’è un senso di comunione o di nostalgia comune verso il proprio paese d’origine?

Slogo radiocom.tvì, te lo dice chi è all’estero da più di 30 anni. Le radici e la ricerca di un pezzo di italianità è sempre presente anche all’estero. C’è però un sentimento misto perché da una parte c’è la nostalgia, dall’altro, soprattutto nelle ultime migrazioni, anche una certa tristezza per essere stati obbligati a lasciare l’Italia per cercare qualcosa di meglio all’estero. C’è anche da parte nostra un’attenzione a toccare realtà quotidiane per raccontare l’Italia a chi sta all’estero, senza però arrivare a determinati soggetti politici che possono diventare estremamente delicati, quindi anche in quella che è la nostra informazione siamo neutri.

La redazione è composta da 6 giornalisti professionisti, 4 pubblicisti e una serie di tirocinanti. Questo ad esempio è un investimento che facciamo dall’inizio: lavorare con i giovani italiani che vengono a passare da uno a 6 mesi in redazione a Bruxelles per scoprire le realtà degli italiani all’estero. Siamo hosting Erasmus da sempre, sia per quanto riguarda le classi degli ultimi anni delle superiori e sia con le università. Ospitiamo ragazzi che attraverso il lavoro in radio scoprono non soltanto cosa vuol dire lavorare con i media, ma anche fare una radio italiana all’estero. 

Com’è organizzato lo staff di radiocom.tv?

Abbiamo cominciato dividendo la programmazione tra Bruxelles e Palermo. Abbiamo aperto il 1° marzo 2020 con le due redazioni e due studi, ai quali si sono affiancati lo studio a Roma, e oggi arriva lo studio realizzato nel campus di Savona dove ci sono altri compagni di viaggio. Sono ligure di adozione e ho recuperato persone che hanno cominciato a fare radio con me negli anni ’70. Lavoriamo molto con colleghi che oggi sono sparsi in giro tra Milano, Roma e altre realtà con cui organizziamo programmi in diretta o registrati. C’è molto interesse, ed è la cosa che mi diverte, nel fare radio in italiano a Bruxelles. Qui c’è una grande comunità di italiani e c’è un forte senso di riscoprire la radio.

Guardando a radiocom.tv con spirito critico, cosa pensi si possa migliorare?

Tantissimo. È il mio primo pensiero quando mi sveglio. Su alcune cose ci stiamo già lavorando: una migliore diffusione dell’informazione, e far sapere che radiocom.tv esiste. C’è stata una prima informazione da parte del Ministero degli Esteri, le nostre trasmissioni sono state aperte dall’allora ministro Luigi Di Maio e continuiamo questo rapporto privilegiato con le realtà italiane all’estero e gli istituti di cultura, però sono talmente tanti gli italiani all’estero che riuscire a far sapere che hanno la possibilità di ascoltarci è la nostra prima sfida. La seconda è quella di coinvolgere sempre più giovani. Oggi i ragazzi devono riscoprire lo strumento radiofonico. La scomparsa delle piccole radio private e le realtà economiche che hanno portato alla sopravvivenza solo dei grandi network o gruppi editoriali, ha tagliato il legame diretto tra i 16enni e la radio. Quindi la nostra sfida è anche avvicinare la radio alle fasce di interesse più giovane.

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