Podcast e giovani, il matrimonio s’ha da fare. Contrariamente a quanto detto a Don Abbondio, la relazione tra i due protagonisti della nostra storia si può celebrare, e porta alla luce un’unione molto solida. A certificare quanto stiamo asserendo è un articolo de IlSole24Ore, nel quale è spiegato come la fascia d’età compresa tra i 18 e i 40 anni sia il polo nevralgico per la diffusione della ‘narrazione della Rete’.
Podcast e giovani, i dettagli
La ricerca in questione, realizzata da Nielsen e commissionata da Audible (società di Amazon operativa nel mercato degli audiolibri), parla di un vero e proprio boom in Italia tra podcast e giovani. Basti prendere in esame, ad esempio, una statistica: chi prevalentemente li ascolta sono individui compresi tra i 18 e i 40 anni, “con un trend in aumento per il segmento 18-25enni, e con un buon livello di istruzione”. Un contesto favorito anche dall’aumento totale degli ascoltatori abituali italiani, “passati da 850.000 a 2.700.000, con una crescita dunque del 217%”. Interessanti anche i luoghi di fruizione dei podcast: il 66% li ascolta tra le mura domestiche, il 28% in macchina e il 18% sui mezzi di trasporto pubblico. Quasi un riflesso dell’ascolto radiofonico – anche se sono due tipi di fruizione diversi, ma ne parleremo in un altro articolo.
Come mai la relazione tra podcast e giovani è in crescita?
Per spiegare l’aumento consistente del binomio tra podcast e giovani, si potrebbe rispondere con una sola parola: smartphone. Tuttavia, risulterebbe riduttivo razionalizzare un fenomeno di questa portata affidandoci solamente a un termine, in quanto – oramai – questi device tecnologici non sono più un segreto neanche per le generazioni più anziane. Dunque, cosa sta cambiando? Il comportamento degli utenti, proprio in funzione del fatto che ‘i più grandi’ stanno invadendo la Rete e ‘i più giovani’ cercano nuove linee di confine. Da Facebook a Instagram, da Instagram a Tik Tok, fino a emigrare nel mare magnum dei podcast, sempre più isole di narrazioni di vario genere. Al centro c’è sempre la storia – come ci insegna Alex, Inc -, la quale è declinata in diversi modi, in diversi linguaggi e in diversi target sempre più ristretti.
Ipotesi di diffusione
Negli Stati Uniti, fin da subito, i podcast e i podcaster hanno mostrato la loro forza propulsiva. Non semplici spezzoni radiofonici uploadati in internet, ma veri e propri contenuti autonomi, in grado di veicolare un messaggio con le proprie forze. Argomenti di varia natura che, per un motivo o per un altro, in Italia hanno subito una frizione. Di fatto, il podcast non è una novità, c’è da diversi anni, anche grazie a realtà come MixCloud e SoundCloud. Tuttavia, con la nascita di Spreaker prima e l’interessamento di Spotify dopo, l’ascesa è stata determinante. E, visto che il noto aggregatore musicale svedese raggiunge capillarmente le fasce d’età più basse, è ragionevole pensare che tale crescita tra podacst e giovani sia giustificabile dall’invasione di campo della creatura di Daniel Ek.
L’importanza di parlare di lavoro nei podcast
Contrariamente però al modello statunitense, a far parlare di sé nel Bel paese, almeno negli ultimi mesi, sono i podcast ‘professionalizzanti’. Cioè, registrazioni che parlano al proprio pubblico di una determinata figura lavorativa. O meglio, di una professione. Ad esempio, i podcast di “Colazione con il CEO” (Spreaker, Spotify, YouTube, TuneIn, iTunes, Google Podcasts e Castbox), la rubrica settimanale di Consulenza Radiofonica che snocciola consigli e suggerimenti in merito all’immenso universo radiofonico. Altresì, questo mezzo di comunicazione è molto apprezzato dai gruppi dei marketers, vero e proprio aggregatore di figure giovanili, nonché dimensione che ha cambiato radicalmente una buona fetta del mercato del lavoro. Ovviamente, siamo solo all’inizio e, per trarre conclusioni più ampie dovremo aspettare ancora qualche tempo. Speriamo non troppo.
Consulenza Radiofonica, la professionalità On Air
Articolo di Angelo Andrea Vegliante
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