No, non arrenderti: nessuno arriva in radio allo stesso modo

Una dinamica frequente per chi inizia un percorso in radio (in particolare, se si vuole diventare conduttore di una trasmissione) è ascoltare le storie eroiche altrui, di gente che è riuscita ad approdare all’interno di grandi network grazie a un episodio curioso o spettacolare, con l’esaltazione di aneddoti farciti di momenti inaspettati della vita, ma ottenuti sempre attraverso il sudore della propria fronte – spesso un sudore più copioso rispetto a quello degli altri. Ma non sempre è così.

Ascoltando le parole degli altri, a vincere sono sempre gli stessi elementi: costanza, lavoro duro e abnegazione. La realtà però è molto diversa dalle favole che ci vengono profilate, e probabilmente lo sanno gli stessi narratori. Ovviamente il duro lavoro premia, ma non sempre come ci aspettiamo: può capitare che, da un certo sacrificio, possa nascere una possibilità mai considerata prima oppure che quella determinata radio agognata da tanto tempo ci chiami per lavorare insieme. Ma non sempre gli elementi sopracitati garantiscono il risultato che speriamo, poiché non tutto dipende da ciò che facciamo, in quanto entrano in gioco entità esterne (tra cui anche le famigerate “botte di c…”) che hanno un ruolo nevralgico nel proseguo della nostra carriera.

Questo continuo dilapidare storie di sacrifici e dedizione costante, senza mai un attimo di riposo, può generare frustrazione nei giovani interlocutori, poiché sappiamo benissimo che la radio non è un ambiente con le porte sempre aperte, ma anzi è un mondo fatto di contatti, conoscenze, tanta dose di fortuna e trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Che è la sintesi perfetta di tanti altri lavori, solo con la differenza che difficilmente troverai quella emittente nazionale che inserirà online un annuncio di ricerca di conduttore radiofonico. Tutto ciò però non deve scalfire la tua voglia di fare radio.

conduttore radio

Come si arriva in radio?

La domanda sorge spontanea nella mente di ogni giovane conduttore radiofonico (e non solo) che intende lavorare in questo mondo. Visto che nessuno nasce imparato, uno dei primi consigli che viene suggerito è ascoltare le storie di chi ha esperienza nel settore. Il più delle volte però, le narrazioni comprendono imprese ardite e temerarie di chi si è ammazzato la schiena per riuscire ad arrivare dov’è, una comunicazione tossica che preannuncia una condizione: se vuoi arrivare in radio di valore nazionale, ti devi fare il mazzo, senza sé e senza ma, senza aiuti dall’esterno, senza mai riposarti, è la conditio sine qua non. La vita però è ben diversa.

Ognuno di noi tende a raccontare solo uno spaccato del proprio vissuto, mai nella sua interezza e unicamente attraverso il proprio punto di vista: personalità che sono state scoperte tramite i villaggi turistici, in un unico provino, dopo la militanza in una radio locale. Chiariamoci, queste storie sono vere, ma fino a un certo punto. Si può fare il balzo verso radio più blasonate anche attraverso le esperienze sopracitate (o altre meno raccontate), ma dietro c’è molto di più: ci sono fallimenti, rinunce, porte in faccia, retribuzioni mancate, anni di lavori sfiancanti, momenti in cui si pensa di abbandonare tutto, persone che sono passate avanti grazie al contatto giusto. A fare la differenza è un’unica caratteristica: ognuno ha una storia a sé, e nessun lavoratore (anche il più importante a livello nazionale) incarna la regola fissa da seguire per ‘essere arrivato’.

“Si va avanti anche per conoscenze – ci disse Mauro Casciari in una nostra intervista del 2020 -. Gente più brava di me in Italia ce n’è, a Palermo in Sicilia ho sentito almeno 4 persone che erano perfette per una radio nazionale. Ahimè, di gente più brava ce n’è tanta, purtroppo oggi il merito è anche di conoscere e di farsi apprezzare un minimo come persone”. Non è tanto una vergogna da nascondere, quanto un dato di fatto. Ecco perché, ad esempio, la proposta del talent scout radiofonico resta ancora oggi valida. Ed ecco perché sentimenti come la frustrazione e il senso di colpa non dovrebbero alimentare l’animo dei giovani: se alcune strade non sono simili a chi è in radio blasonate, non necessariamente sarà un ostacolo per la carriera (ovviamente, un minimo di autocritica è sempre lecita e richiesta prima di giungere a questo pensiero).

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Perché non ti devi arrendere?

Prima di rispondere a questa domanda, una premessa: il mito del successo non esiste. Se un giorno non riuscirai ad arrivare nella radio che desideri, non devi fartene una colpa perché non tutto dipende da te. Come ci testimoniano le parole di Casciari, gente più brava resta ‘circoscritta’ in radio locali ed emittenti web, e non c’è nulla di male, poiché bisogna essere e sentirsi conduttori radiofonici indipendentemente dall’azienda che ti sta dando lavoro. L’importante alla fine è avere un microfono acceso dove raccontare le tue storie.

Ed è proprio per questo che non ti devi arrendere. Non perché il tuo obiettivo deve essere conquistare le radio nazionali note in tutto il Paese, ma perché se ami questo lavoro, lo porterai avanti sempre e comunque, per ogni occasione che giudicherai idonea al tuo percorso. Fare radio non significa arrivare nelle radio più grandi e andare ‘starnazzarlo’ giro: mi spiace togliere un po’ la versione romantica del mezzo, ma si tratta sempre di lavoro, dunque il tuo contratto potrebbe scadere dopo un anno e ritrovarti senza occupazione. La questione significativa è coltivare la propria emozione per la radio e darle un senso in un contesto o in un altro, facendo leva su quel sentimento per trasmettere una storia a un determinato pubblico. Vedrai che il risultato che otterrai sarà l’aspetto più importante della tua storia: portare con te l’emozione per la radio, fino alla fine.

La replica principale a quanto scritto potrebbe riguarda la natura dell’autore di questo pezzo, di uno che “ce l’ha fatta” (chissà cosa vuole dire). In realtà a scrivere è un ragazzo di 30 anni che al momento non è in diretta in nessuna radio da un paio di anni, con tanta gavetta tra tante radio locali e web, con un’esperienza in un’accademia radiofonica, con tante porte chiuse in faccia e con un numero esiguo di possibilità che ha sempre sfruttato al massimo in base alle proprie capacità, ma che si sente ancora uno speaker radiofonico, e che inventa ogni giorno qualcosa per farlo risaltare: magari attraverso i podcast, magari pubblicando brevi video per il mondo digitale con tempi radiofonici, magari mettendosi in gioco in contesti diversi esaltando sempre le competenze donate dalla radio.

E chissà dove tutto questo un giorno porterà. Rispetto agli altri colleghi, potrei arrivare in una radio blasonata ai 50 anni d’età, approdare in un’azienda locale che mi farà restare on air fino alla fine dei miei giorni oppure fonderò una mia emittente digitale. Lo saprò solo se riuscirò ad alimentare per tutta la vita l’amore per questo mezzo, che un giorno – ne sono sicuro – porterà frutti gustosi da assaporare insieme ai miei futuri ascoltatori. Non arrenderti perché non sei arrivato in una radio blasonata, ma continua ad andare avanti: indipendentemente dall’azienda, il tuo biglietto da visita deve contenere il tuo nome è il modo in cui fai radio: è ciò che farà la differenza in ogni tipologia di occasione che la vita ti presenterà.

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