L’estetica della voce: quando l’armonia diventa una risorsa

La voce, in radio, è importantissima. L’estetica vocale gioca un ruolo importante, non fondamentale, nella riuscita di un talk radiofonico: avere una bella voce, in diretta, non basta.

L'estetica vocale in radio: come valorizzarla (Getty Images)

“L’emozione non ha voce”, aveva ragione Mogol quando scriveva questo bellissimo verso – che poi ha dato il titolo ad una celebre canzone – per Adriano Celentano. Paradossalmente, in radio, questa certezza diventa un meraviglioso ossimoro: le emozioni, on air, arrivano al cuore soprattutto grazie alla voce. L’importante è come. Gli esperti insegnano diverse tecniche della gestione vocale durante un talk, importanti esercizi di respirazione, accompagnati da una spiccata dialettica ed una dizione curata, fanno la differenza quando quella luce rossa (che non è la spia della benzina) si accende e ci porta per qualche ora in un’altra dimensione.

A proposito di dimensioni e importanza: quanto conta, in ambito radiofonico, avere una bella voce? Sicuramente aiuta, ma non è tutto. L’estetica della voce è un dono di natura, in altre parole è il motivo per cui amiamo o meno risentire i nostri messaggi vocali su Whatsapp. La bellezza vocale è soggettiva: dipende sempre da chi ascolta. Woody Allen, per fare un paragone relativo al doppiaggio (attinente in qualche maniera al settore radiofonico), ha avuto la voce di Oreste Lionello – nelle produzioni destinate all’Italia – per anni. Un tono tutt’altro che gradevole e convenzionale, eppure, al cinema o in televisione, era perfetto.

La perfezione è un’utopia, l’autenticità un fine: quanto conta avere una bella voce

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Lo stesso possiamo dire di Maurizio Costanzo, nel recente passato in onda su RTL 102.5, l’uomo che per antonomasia è stato più imitato e riproposto: la sua voce è probabilmente lontanissimo dalla perfezione ma, nonostante ciò, resta unica nel suo genere. Per questo emerge, in onda e fuori, allora – il pubblico – non cambia stazione o canale.

Quello che conta – sempre – è lasciare un’impronta: le imperfezioni (non dialettali, bensì vocali) di uno speaker radiofonico possono fare tendenza. Quando vi dicono che la perfezione non esiste, credeteci e lasciatevi andare: tenendo sempre presente che, però, un tono di voce è un timbro. Un biglietto da visita che diventa interessante o meno a seconda di quello che c’è scritto sopra.

Quindi, prima e dopo un talk, fate attenzione: se la timbrica vocale è un aspetto prettamente naturale, impossibile da plasmare e modificare, la pulizia del linguaggio e la gestione della respirazione sono due aspetti focali con cui dobbiamo imparare a familiarizzare (tanto quanto la dizione) se vogliamo fare un buon intervento radiofonico. Che porti, in primis, gli ascoltatori a restare sintonizzati.

Il diaframma: un alleato dello speaker radiofonico

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L’utilizzo corretto del diaframma, ad esempio, garantisce una migliore resa dal punto di vista dialettico e lessicale: è, dunque, importante iniziare a prendere confidenza con il nostro respiro attraverso degli esercizi appositi. Successivamente, possiamo concentrarci sulla dizione: avere un linguaggio privo di sfumature dialettiche, in passato, poteva essere un’arma in più. Oggi serve, ma è necessaria ancor di più la capacità di infarcire – a seconda della situazione e degli argomenti trattati – la propria parlantina con qualche chicca regionale: per dare colore alle notizie. Evitare espressioni eccessivamente territoriali, la fruizione deve essere più ampia possibile. Tutti devono poter capire ciò che stiamo dicendo.

Per questo, talvolta – senza abusarne – è possibile lasciare spazio al dialetto: è un artificio da intendere come gli assoli durante un live musicale. Sono belli, unici, proprio perché pochi e mirati. Il resto deve farlo la scrittura: possiamo parlare bene, essere accattivanti quanto vogliamo, ma la differenza la fanno i contenuti. Si può e si deve parlare di tutto, in maniera celere ed esaustiva, come se dovessimo conquistare l’attenzione di un passante annoiato prima che scatti il semaforo: non per niente, anche quando si va in onda, le luci cambiano colore. Fate viaggiare la vostra macchina delle idee: la voce come carburante e il sentimento come autostrada da percorrere. Solo così le vostre parole saranno il suono di un sogno che diventa realtà: strappare un’emozione a una platea invisibile che, però, grazie a voi, ci sente benissimo.

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Articolo a cura di Andrea Desideri

 

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