L’intervista ad uno degli artisti più poliedrici della radiofonica italiana
Carlo Ghiozzi, classe ’63. Tutti lo conosciamo come Charlie Gnocchi. Conduttore radiofonico, personaggio televisivo, pittore, autore di libri e produttore di dischi. Ha iniziato la sua carriera al fianco del fratello Gene, con il quale condivide molte passioni ed un cognome d’arte piuttosto particolare:
A chi dei due è venuto in mente per primo?
In realtà è un cognome casuale che ci era venuto quando suonavamo insieme nella prima band che aveva lo scopo di far ridere. Avevamo testi demenziali ed entrambi facevamo i comici. Una sera, quando andammo al carcere di Brescia a fare uno spettacolo, c’era un secondino un po’ maldestro che sbagliava tutti i nomi e così ci venne l’idea di dare a tutto il gruppo nomi un po’ americani, in questo modo Eugenio divenne Gene e Carlo divenne Charlie e fu una scelta un po’ casuale e un po’ ironica.
Questo ci fece pensare, perché all’epoca funzionavano molto gli italo americani tipo Jim Messina e i fratelli Porcaro era il periodo del Progressive Rock americano che aveva questi nomi con il nome di battesimo anglosassone ed il cognome italiano.
Noi siamo emiliani e ci piacque questo Gnocchi perché era un tipico alimento non solo padano, ma da anche l’idea della gnocca che va sempre bene e quindi ci siamo detti di tenerlo.
Prima di approfondire gli argomenti radiofonici, non posso fare a meno di notare che ogni volta che si cerca il tuo nome in rete, questo è associato alla parola Moka print, ci spieghi qualcosa in più?
Diciamo che sono un gran cazzone e da quando avevo 14 anni cerco di inventare delle cazzate pur di non andare a lavorare. Nonostante non abbia un lavoro serio, nella vita lavori ne ho fatti diversi: l’avvocato, ho lavorato nelle fabbriche, quindi sono uno che si è ingegnato pur di avere una vita varia e mi sono sempre appassionato all’arte in tutte le sue forme, dalla musica allo spettacolo ed anche la pittura e la grafica.
Sono sempre state passioni un po’ così. La mattina mi sveglio alle 6 e mi faccio un caffè con la moka. Una ventina di anni fa mi sono messo ad impiastricciare dei fogli con il caffè caldo e vedevo che il caffè sul foglio insieme alla pittura aveva uno strano effetto e allora ho detto: “inizio a disegnare delle moto (che sono una mia passione) e delle moka (che sono delle caffettiere)” il tutto condito con il caffè, che è quello che uso la mattina per darmi un po’ di sveglia.
Passiamo all’argomento principale di questa intervista e del nostro blog: La Radio. Hai iniziato a lavorare in radio nel 1992, ma quando e come è nata questa passione?
La passione nasce dalla mia amicizia con Joe Violanti, che è stato uno dei primi DJ nelle radio private parmigiane negli anni 80. Io ed altri amici lo andavamo a trovare e mi piaceva molto l’atmosfera che si respirava in queste prima radio locali. Negli stessi anni poi iniziavano a trasmettere anche i primi Network, come Deejay e 105 e i primi programmi importanti come quelli di Radio Monte Carlo. All’epoca noi li vedevamo come dei miti quelli che come Gianni Riso e Federico L’olandese volante facevano la radio come mestiere.
Io non ho la pronuncia e la dizione perfetta del bravo Dj, a me piace la musica e nella musica mi piace soprattutto la musica demenziale e la musica italiana, quindi davanti a questi professionisti che avevano anche cultura musicale mi proposi come personaggio un po’ demenziale ed un po’ comico. Poi ebbi la fortuna che questa voce, unita al fatto che Gene stava andando bene in televisione, era considerata tutto sommato particolare. Dalle nostre parti, a Fidenza, parlano un po’ tutti come me, e quindi invece di fare corsi di dizione per migliorare la R e per togliere un po’ questa cadenza emiliana decisi di sfruttare queste particolarità come marchio di fabbrica e lavorai di più sulla produzione di format con delle gag nelle quali la voce poteva essere un valore aggiunto.
Raccontaci un po’ come è iniziata la tua carriera radiofonica.
Nel 92, c’era l’unione europea, ed era all’ordine del giorno l’esigenza di adeguare tutto a norme CEE, la comunità economica europea. C’era molta confusione attorno a questo argomento e da li ci venne uno spunto del primo programma a norme CEE. Andammo per scherzo dal presidente di Radio 105, Alberto Hazan, chiedendogli se la sua radio fosse a norme CEE, presentandoci con due giacche improbabili come ispettori della comunità economica europea. Andammo nel suo bagno riscontrando una serie di irregolarità che in qualche modo lo avrebbero costretto a ristrutturarlo. Hazan un po’ ci aveva preso sul serio, un po’ rideva, finché alla fine non gli abbiamo rivelato che era uno scherzo e gli abbiamo proposto di farci fare questo programma a norme CEE. Lui fu molto divertito dall’idea, ci mise alla prova per sei mesi nel night express, con Cavallone e De Robertis, e poi il programma partì dalle 13 alle 14.
Secondo te, cosa aveva visto Hazan in voi due, tanto da rischiare, nel palinsesto di un Network, l’inserimento due giovani speaker senza un grande curriculum alle spalle?
Io, l’anno prima, avevo fatto il disco di Gene, Giura che non è Silicone, nel quale facevo la voce di Gene. Poi avendo più o meno la stessa voce di mio fratello, facevo tutte le interviste radiofoniche, perché lui non se la sentiva. In questo modo avevo conosciuto un po’ di direttori e di addetti ai lavori, tra cui anche il direttore di 105, al quale avevo proposto delle cose. Fummo fortunati perché in quel periodo 105 cercava dei programmi e non dei conduttori tradizionali, per andare contro una Radio DeeJay che aveva un Fiorello in grande forma, e quindi 105 era sguarnita di programmi nuovi, comici ed un po’ particolari.
In quel momento il direttore, Silvio Santoro, era un grandissimo tecnico e sentiva di dover proporre a 105 delle idee nuove, fu quello il periodo in cui venne inserito in palinsesto anche Giacomo Valenti con gli scherzi ed altri programmi.
Noi venivamo visti dai Disc Jokey tradizionali un po’ come elementi di rottura, un po’ come speaker alternativi e strampalati. Per fortuna Joe Violanti la radio l’aveva fatta ed era un Dj, mentre io all’inizio ero abbastanza inadeguato per essere in un network così importante. Però ho sempre cercato di essere me stesso, con entusiasmo e proponendo nuove idee in modo da farmi accettare.
Radio 105 è stato solo l’inizio.
Si, poi le cose sono migliorate, perché iniziammo a capire quelli che erano i meccanismi delle radio private, con i tempi dei talk, il regista e ci siamo inquadrati in modo da creare un format che potesse essere adatto anche alle esigenze della radio. In questo senso, 105 fu una grande scuola e ci permise di andare a bussare ad RTL, dove il nostro programma divenne ALTO GODIMENTO, un programma caratterizzato soprattutto da telefonate con il pubblico, con delle classifiche e delle idee legate più che al testo, all’estemporaneità che era un po’ il marchio distintivo di RTL in quel periodo.
Questo programma ebbe molto successo e ci chiamò Radio Dimensione Suono per fare lo stesso programma, sulle ceneri del quale è nato l’attuale TUTTI PAZZI PER RDS e poi andammo a Radio Rai.
A questo punto della mia carriera poi abbiamo sciolto il duo con Joe Violanti, ma solo per motivi artistici perché l’amicizia rimane, e sono tornato da solo ad RTL con dei format più semplici.
Dal 4 maggio sono in onda Venerdì, Sabato e Domenica con Alessandro Greco con No Problem, Viva l’Italia.
4 radio, 4 network, tutti molto diversi da loro, in ognuno hai avuto modo di poter esprimere te stesso o hai trovato delle differenze editoriali che ti hanno obbligato a cambiare il tuo stile in base alla radio?
Quando decidi di proporti ad una radio devi conoscere un po’ la storia, l’editore, quali sono i programmi già in onda, quali sono i punti di forza di quella radio e i colleghi che già ci lavorano. Di solito l’entusiasmo di fare la radio e di avere un microfono prevale su tutto il resto, ma le esigenze specifiche di ogni singola emittente ovviamente variano il format che hai in mente. Attualmente ad RTL ci sono talk da 1 minuto, quando ho iniziato gli speakerati erano di 4-5 minuti, quindi ci si adegua al formato anche in base al sistema della radio.
Io non ho mai fatto il direttore di una radio quindi quello che ho sempre fatto è stato quello di portare la mia esperienza e la mia voce.
Dal ‘92 sei sempre stato in onda, secondo te com’è cambiata la radio in questi anni?
La radio è cambiata nel senso che prima i DJ erano i protagonisti assoluti e quindi tu ascoltavi il tuo beniamino e la radio era contenta di avere personaggi che sapevano fare la radio ed erano anche dei fenomeni, come Gianni Riso, Fiorello, Cecchetto e tutti quei grandi personaggi che facendo la radio acquistavano sempre più potere sia all’interno dell’emittente che anche nelle serate.
Attualmente invece funzionano i network con la loro organizzazione, cioè del periodo dei grandi dj oggi rimane solo Radio DeeJay dove ci sono Albertino e Linus e a Radio24 dove c’è Cruciani, per il resto noi siamo all’interno di una struttura vincente ma ci siamo molto ridimensionati.
Quali sono le radio che ascolti di più, oltre RTL?
A Roma al mattino ascolto Radio Rock, che mi diverte molto, poi ascolto Radio24, Radio Radicale, Radio Capital per la musica, M20, Radio DeeJay, Radio 105, lo zoo e cerco di ascoltare tutte le cose nuove che ci sono come la nuova Radio Monte Carlo. Ascolto molta radio, Virgin dove c’è il mio amico Ringo, ascolto un po’ di tutto, anche molto le locali, quelle radio che non sono famosissime ma hanno ottimi intrattenitori.
Come vedi il futuro della radio?
La radio è sempre stata data per spacciata, anche a causa dell’accento dei vari social network, però io penso che chi ha qualcosa da dire, lo può fare solo tramite la radio, che ha la forza della messa in onda. Quello che dici nell’istante in cui lo hai detto è già on air e questa immediatezza è la sua più grande forza, poi se sa sfruttare anche le sinergie con gli altri media rimarrà sempre un grande mezzo anche se i giovani la ascoltano sempre meno. I ragazzi vogliono cose forse più visive ed eclatanti ma poi si avvicinano alla radio.
La radio è molto bella anche da fare e deve lottare contro i social.
…ma è anche molto difficile, tu che consiglio daresti a chi vuole provare a lavorare in questo mondo?
Si, è vero, è molto difficile, anche perché le radio sono sempre di meno, però è sempre stata difficile, perché i nomi famosi in radio sono veramente pochi e sono sempre state tante le persone che ci vogliono lavorare, tuttavia un pertugio c’è sempre per tutti, bisogna un po’ studiare anche i momenti. Ci sono momenti storici in cui bisogna proporre il prodotto giusto al momento giusto. Io ho avuto la fortuna di proporre qualcosa che in quel momento non c’era, non mi sono proposto con una cosa che mi avrebbe fatto essere il duecentesimo della lista.
Il consiglio potrebbe essere quello di cercare di non snaturarsi e di cercare di portare avanti quello in cui si è capaci. Tutti possono fare la radio, l’importante è che si abbia qualcosa da dire e che alle spalle ci sia un reale interesse ed una passione. Se hai qualcosa da dire ed una passione la radio te le fa diventare amichevoli per quelli che ti ascoltano e allo stesso tempo anche tu diventi un amico, invece se tu vuoi fare sfoggio di cultura o di maestria o vuoi fare il piacione la radio ti smaschera.
Ultima domanda, sei stato editore di una tua televisione, hai mai pensato di essere editore di una radio, magari sul web?
Spesso ho collaborato con editori ma poi mi sono scontrato con una realtà che è quella di conoscere il tuo reale limite. L’editore è quello che manda in onda lo speaker. Lo speaker invece è l’artista che vuole mostrare la sua arte, quindi quando io mi sono trovato nei panni dell’editore, vedevo negli altri la mia figura di speaker e quello è stato l’errore principale. Quando fai l’editore, il tuo ruolo è quello di dare un lavoro, io purtroppo ho sbagliato, perché non sei un artista, è un ruolo altrettanto bello, ma di regola mandi in voce gli altri e soprattutto devi far quadrare i conti.
Mi sarebbe piaciuto diventare editore, ma preferisco rimanere talent scout ed artista, perché non ho né la stoffa né la durezza adatta a quel ruolo.
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